“Lo spread tra il MWh italiano e quello dei mercati confinanti viaggia sui 20 €/MWh. E’ una realtà che ci portiamo dietro da anni e che difficilmente potrà cambiare nel breve periodo. Ma non è certo colpa della liberalizzazione, anzi. La causa risiede, piuttosto, nel mix di fonti scelto. L’Italia è un Paese che va a gas e questo lo paghiamo in bolletta”.
Non ha dubbi, nell’intervista rilasciata a Quotidiano Energia, il presidente di Green Network, Piero Saulli, la società che a dieci anni dalla sua nascita ha deciso di rivolgersi al mercato domestico, stabilendo degli obiettivi molto ambiziosi.
“Dopo esserci specializzati sui grandi clienti e sui consorzi di associazioni industriali, abbiamo deciso di rivolgerci al mercato retail sul quale non c’è ancora una forte concorrenza e i margini unitari interessanti. Il regime di maggior tutela è una ‘grande prateria’ di 75 miliardi di kWh. C’è ancora moltissimo da fare per gli operatori ma anche ottime opportunità per i clienti”.
Di seguito un estratto dell’intervista di Quotidiano Energia, per scaricare il pdf si clicchi qui
D. Tornando al confronto con il resto d’Europa, il nostro è uno dei Paesi con il tasso di liberalizzazione più alto, un primato che non si riesce a trasferire in bolletta. Come mai?
“E’ vero che esiste uno spread costante con il resto d’Europa, ma come dicevo prima non è colpa dell’apertura del mercato che, anzi, sta portando effetti più che positivi. Uno di questi è la creazione di una domanda più attiva.
La competizione, però, può ridurre di qualche Euro/MWh, come abbiamo visto negli ultimi 2/3 anni ma si tratta di un risparmio che non viene percepito dal cliente a causa della componente A3 che insieme agli altri oneri ha raggiunto ormai la soglia dei 50 Euro/MWh. Si tratta di una questione molto dibattuta al momento ma non vedo grosse soluzioni e dubito che l’Autorità per l’Energia riesca a spostare questi oneri sulla fiscalità generale”.
D. Si potrebbe pensare a una liberalizzazione più “spinta”?
“Più che altro credo che si dovrebbe rivedere il ruolo dell’Acquirente Unico che, secondo noi, ha un effetto distorsivo sul mercato e influenza fortemente l’offerta perché è come se fosse un grossista da 75 m.di di kWh. Oggi il mercato domestico è pronto a ricevere più offerte e a valutare l’opzione migliore, è questo che intendevo parlando di crescita nella domanda attiva. Non ha più senso una tariffa amministrata che non consente di percepire le differenze.
L’AU dovrebbe passare da garante di ultima istanza a una funzione di supporto. Questo creerebbe un mercato meno invadente e più aperto dal lato dei fornitori. Non sto parlando di una liberalizzazione selvaggia, si dovrà cercare una regola di mercato per consentire agli operatori di dividersi questi 75 m.di kWh sia sul fronte acquisto che sulla vendita.
La gran parte del margine che possiamo offrire oggi si trasforma in un costo che dobbiamo sostenere per raggiungere il mercato domestico attraverso delle strutture di vendita mentre una maggiore apertura ci consentirebbe di ribaltare questo margine sul cliente finale. D’altra parte quella dell’AU è un’esperienza unica in Europa. Inizialmente erano stati i francesi a proporla ma poi non l’hanno mai applicata”.
D. Questo per l’elettrico, ma per il gas?
“Il mercato gas è più indietro rispetto a quello dell’elettricità e più complicato perché presenta numerosi soggetti che operano a livello territoriale. I recenti interventi dell’Autorità, però, hanno portato a una discesa del prezzo della materia prima che già si riflette sui grandi clienti e presto arriverà anche sul domestico.
Per i clienti finali industriali, infatti, siamo passati da circa 32 Eurocent/mc a 29 Eurocent/mc: una riduzione di 3 Eurocent/mc in un anno è un ottimo obiettivo che ci sta riallineando al mercato europeo (TTF). Non è un caso che tutti i grandi importatori stiano rinegoziando i ToP perché ora il prezzo di mercato è più basso di quello agganciato ai prezzi petroliferi”.
D. C’è chi sostiene che la concorrenza vada fatta sul post contatore. Lei cosa ne pensa?
“Credo che sia una cosa facile da raccontare ma difficilissima da mettere in piedi sul mercato domestico. Con i grandi clienti è più facile, noi stessi abbiamo sviluppato sia opportunità di produzione da fotovoltaico che da impianti di cogenerazione che la realizzazione di progetti specifici nell’efficienza energetica che hanno generato diverse centinaia di migliaia di certificati bianchi che poi il cliente stesso ha potuto valorizzare sul mercato.
Stiamo cercando di portare questa ‘cultura’ ai consorzi ma è un’operazione particolarmente difficile. Per cui penso che ci vorrà ancora molto tempo perché questa diventi una vera opportunità di business per gli operatori”.
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