Sullo sfondo, un mercato dell’energia, profondamente mutato dopo la liberalizzazione, in cui la competizione si è fatta via via serratissima e le aziende sono alla ricerca di nuove strategie per aumentare i margini e conquistare nuove fette di clienti. Obiettivi che Green Network, società nata quindici anni fa dall’iniziativa di Piero Saulli, ex manager Enel, e della moglie Sabrina Corbo, intende declinare su due versanti: puntando, da un lato, su una forte fidelizzazione del retail, che oggi rappresenta l’85% del business aziendale (il restante 15% è fatto di grandi clienti industriali nazionali), anche attraverso strategie mirate di cross selling (cioè vendita incrociata di prodotti al consumatore finale), e, dall’altro, accelerando sull’internazionalizzazione, con un primo, importante, progetto in Gran Bretagna. «Ci siamo dotati di un team di consulenti altamente qualificati come PwC e Bain&Company- spiega, al Sole 24 Ore, il direttore generale finanza e pianificazione del gruppo Giovanni Barberis, già cfo di Acea e di Hera e con un lungo trascorso nel settore – e a settembre saremo la prima azienda italiana a fornire energia in Inghilterra. Abbiamo individuato una platea potenziale, tra residenti e domiciliati italiani, di un milione di utenti, ma ovviamente puntiamo ad andare anche oltre. Nel Regno Unito, siamo presenti da quattro anni ormai con il trading, ma ora partiremo anche con la vendita».
L’obiettivo è ambizioso. Perché, da qui al 2019, Green Network conta di fidelizzare, tra Italia e Gran Bretagna, 850-900mila clienti con una nuova strategia commerciale e, ci tiene a precisare Barberis, «senza comprare portafogli esistenti». «Attualmente – prosegue il cfo – abbiamo già 300mila utenti che hanno deciso di utilizzare la nostra offerta e, entro la fine dell’anno, ci siamo prefissati di alzare l’asticella a 400mila, includendo anche i nuovi utenti che conquisteremo sul mercato retail».
Il gruppo è dunque pronto a un ulteriore salto, forte anche del bilancio 2015 appena approvato che mostrano sia una crescita dell’utile ante imposte a 4,3 milioni (contro gli 1,2 milioni registrati a fine 2014) sia un progresso del risultato operativo,a quota 8,6 milioni a fronte dei 3,5 milioni con cui si era chiuso l’esercizio precedente. «Il fatturato – chiarisce ancora il cfo – si è un po’ ridotto: i ricavi sono passati da 1,34 miliardi del 2014 a 1,03 miliardi di euro dello scorso anno, ma era un risultato atteso per via di qualche difficoltà legata all’insolvenza di alcuni clienti industriali (come Ilva, ndr). L’azienda è solida, trasparente e, soprattutto, non ha debito». Un aspetto, quest’ultimo, non trascurabile per chi guarda, nel futuro, anche allo sbarco a Piazza Affari. «Oggi il nostro Ebitda è di 40 milioni di euro e vogliamo portarlo, entro il 2019,a quota 100 milioni. A quel punto – continua il cfo – saremo pronti a sbarcare nel listino milanese, nel segmento dei titoli con alti requisiti». Un orizzonte che Barberis colloca comunque non prima del 2018. Mentre, dietro l’angolo, potrebbe esserci un’altra sfida per il gruppo: l’emissione di un bond green, ma la tempistica e la size sono ancora oggetto di valutazione. «Non abbiamo fretta – chiosa Barberis – anche perché, a differenza di altri concorrenti, non dobbiamo rifinanziare nulla».
Fonte: Il Sole 24 ore 18.06.2016
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